di Miriam Tricoli
La chiamano in molti modi: la Crisi, gli Anni bui, la Peste ambulante ma anche con nomi più trendy, come guerra mondiale degli Zombi o prima guerra degli Zombi. A me personalmente non piace quest’ultima etichetta, perché presuppone un’inevitabile seconda guerra degli Zombi. Per me sarà sempre la guerra degli Zombi, e anche se molti possono contestare l’esattezza scientifica della parola “zombi”, farebbero fatica a trovare un altro termine universalmente riconosciuto per le creature che hanno quasi provocato la nostra estinzione.
Quando mi hanno consigliato la prima volta il libro di Max Brooks World War Z: la guerra mondiale degli Zombi non ero molto convinta. Un po’ perché da questo libro è stato tratto il famoso film del 2013 con Brad Pitt (che avrò rivisto quindici volte perché lo trovo, passatemi l’espressione, estremamente divertente), un po’ perché ritengo veramente difficile, per diversi motivi, che l’umanità possa lasciarsi travolgere da un’orda di morti viventi generati da chissà dove e da chissà cosa.
Ecco, invece mi sono dovuta ricredere: questo libro non è riuscito completamente a convincermi che tutto ciò possa succedere davvero ma ci è andato molto vicino.
Prima cosa, non ha praticamente nulla in comune con il film: unico elemento condiviso, oltre alla presenza degli amati Zom, la tattica di Intelligence israeliana che io ho trovato assolutamente affascinante (“…se nove analisti dell’Intelligence giungevano alla stessa conclusione, era dovere del decimo non essere d’accordo.”). Poi, la struttura narrativa è, a mio parere, terribilmente geniale. L’Autore usa il pretesto di un rapporto ufficiale della Commissione per il dopoguerra delle Nazioni Unite che ricostruisca dati, fatti e cifre delle operazioni che hanno contraddistinto il decennio di Guerra Zombi per scandire la narrazione in base al susseguirsi di interviste a diverse persone, protagoniste o semplici testimoni a vario titolo di questo evento apocalittico. Ho adorato questo modo di raccontare una storia così complessa perché permette di passare dalle Americhe alla Russia, dal Sudafrica al Giappone, dalla Cina all’Iran, così come dal soldato di fanteria al direttore della CIA, dal capo di un sottomarino cinese all’otaku giapponese, riuscendo in questo modo a raccontare esperienze diverse, punti di vista di molte persone e la percezione in punti del mondo lontanissimi tra loro.
Avevo sottolineato duemila passaggi del testo da inserire nella recensione ma per "esigenze redazionali" dovrò, ahimè, farne a meno. È un racconto corale dove ogni voce è terribilmente importante e porta alla luce milioni di sfaccettature che non emergono praticamente mai, neanche nei film della durata di tre ore e mezza.
La prima parte racconta la nascita e la diffusione del virus. In effetti, la diffusione è sempre stato un mio cruccio: capisco che ne nascano uno o due, facciamo dieci, perché nessuno ha mai visto degli Zombi al cinema in vita sua e non sa che si colpiscono in testa. Ma come fanno dei morti viventi a nascere in un punto e a diffondersi in tutto il mondo? Le prime interviste avevano già fatto crescere in me il dubbio di non aver capito niente.
Supponiamo che il virus nasca in Cina, in un villaggetto di campagna remoto e sperduto. Supponiamo che in realtà questo non sia il primo caso ma che ce ne siano già stati tanti e che le Autorità abbiano deciso di far passare la sparizione di qualche persona qua e là come una “normale epurazione”. Supponiamo poi che le persone inizino ad andare in ansia e che il già cospicuo flusso di profughi provenienti da quel Paese accresca considerevolmente e che qualcuno di questi profughi destinati a spargersi in varie parti del mondo porti con sé un bellissimo morso umano su una caviglia. Ma supponiamo anche che qualche ricco magnate austriaco decida di farsi trapiantare in una clinica in Brasile, organi di dubbia provenienza, non tracciati, controllati sì ma sulla base di esami in grado di riconoscere virus normali. Ecco, già sulla base di queste prime informazioni le cose iniziano ad avere senso. All’improvviso ti trovi il vicino di casa che cerca di farsi una grigliata con il tuo braccio.
E qui si passa alla fase 2: il panico. I Governi di tutto il mondo reagiscono in modi diversi al pericolo che inizia a diffondersi ma praticamente nessuno in modo efficace. Questo perché ci si concentra sul non diffondere il panico, sul tenere tutto all’oscuro, sulla pretesa di saper dare un nome a ogni cosa (il virus inizialmente viene chiamato “Rabbia africana” e quindi trattato come una particolare forma di questa malattia) senza però averne la certezza. L’importante è dare l’impressione di sapere cosa si stia facendo … e mantenere ben salde le redini del potere. A tutto ciò aggiungiamoci Paesi con secoli di attriti alle spalle, Paesi con il ditino ben puntato sul pulsante per sganciare l’atomica, Paesi che non si decidono ad affrontare il nemico inumano perché devono sempre tenere un occhio puntato sul nemico umano. Leggendolo sembra quasi ridicolo: una parte della tua popolazione vorrebbe ardentemente sgranocchiare l’altra ma il tuo problema è che il Paese confinante puzza e non ha i tuoi stessi gusti in fatto di musica? In effetti, però, ha perfettamente senso: se hai vissuto tutta la vita con la convinzione che a 500 metri dai tuoi confini ci siano almeno duemila missili puntati contro di te, è difficile accantonare tutto per concentrarsi totalmente su un nuovo problema, che sembra uscito dritto dritto da un B-Movie scadente.
Il punto focale di tutto il libro è proprio questo: il fattore umano. È la natura umana che permette agli Zombi di conquistare il mondo. Gli uomini sono fallaci, oscillano tra eroismo e codardia, non riescono ad abbandonare vecchi modi di pensare, preconcetti non riescono neanche a lasciarsi indietro il culto dei beni materiali, dell’apparenza, del potere e quindi restano impantanati, incasinati e incapaci di reagire. Di fronte non hanno un nemico umano che puoi sfibrare o ferire, che puoi fiaccare o scoraggiare ma hanno soltanto dei fu esseri umani che ora sono guidati solo dall’istinto e dalla voglia di mangiarsi qualsiasi cosa vivente a parte le piante. Di fronte a un avversario del genere il mondo trova un solo modo per risollevarsi: perdere la propria umanità. Il piano Redeker è agghiacciante, opinabile e difficile da digerire, soprattutto se pensi che potresti finire nella parte sbagliata del piano. Ma funziona. Di fronte a tanto sfacelo, un essere umano ha accettato di perdere del tutto la propria natura per concepire un programma crudele ma efficace ed assumersene la responsabilità. Il mondo comincia a reagire, a ricompattarsi e a riorganizzarsi. Perdendo la propria umanità gli esseri umani la ritrovano completamente. Ormai quello che viene chiamato il mondo prebellico è solo cenere, i suoi protagonisti sono scomparsi o stanno ciondolando in avanzato stato di decomposizione emettendo versi gutturali. Si riparte dal fattore umano e dall’incredibile capacità dell’uomo di adattarsi e mutare gli svantaggi in vantaggi, per trasformare la sopravvivenza in nuova vita. Il cammino è lungo ma l’importante è rimanere concentrati sull’obiettivo, un obiettivo che ora accomuna tutti e non viene più considerato una rogna interna a ciascuno Stato.
Al di là delle opinioni contrastanti che può suscitare (mere speculazioni per fortuna), trovo che questo sia un libro capace di far riflettere molto in profondità sull’uomo, sulle sue sfaccettature e i suoi mille significati. Alla fine di ogni intervista ti viene per forza da chiederti: fin dove sarei capace di spingermi se il mondo intorno a me improvvisamente crollasse? Nel dubbio, ricordarsi la regola n. 1: si mira alla testa. Sempre. (per maggiori approfondimenti sulle armi, cibo, location ecc. più adatte per la sopravvivenza durante un’apocalisse Zombi consiglio anche, sempre di Max Brooks, Manuale per sopravvivere agli Zombi. Così, in caso di pandemia, ci ricorderemo di non fare scorta di surgelati ma di cibo in scatola).
Per la prima volta nella storia, ci trovavamo ad affrontare un nemico che faceva davvero una guerra totale. Non avevano limiti di sopportazione. Non avrebbero mai negoziato, non si sarebbero mai arresi. Avrebbero combattuto fino all’ultimo perché, diversamente da noi, ognuno di loro, per ogni secondo di ogni giorno, era impegnato a divorare ogni forma di vita sulla terra. (…) Ecco che tipo di guerra dovevamo combattere.
VOTO: 5/5
Qualche informazione utile:
CASA EDITRICE: Cooper
ANNO EDIZIONE: 2013
PAGINE: 307
PREZZO: € 8,32 (formato kindle)
Comments