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Norwegian Wood | Haruki Murakami

di Erica Delle Curti



Nessun mese poteva essere più triste di aprile da passare da soli. Tutti intorno a me sembravano felici ad aprile. Mettevano da parte i cappotti, si fermavano a chiacchierare sotto i raggi brillanti del sole, giocavano a lanciarsi la palla col guantone da baseball, si innamoravano. E io ero completamente solo.


Quando nel 1987 Murakami inizia a scrivere questo romanzo decide di basarsi sul suo racconto Hotaru (La Lucciola) di cinque anni prima. Sente che c’è ancora qualcosa rimasto in sospeso da sviluppare e che quelle poche pagine non sono bastate. Sceglie quindi di scrivere Norwegian Wood, un romanzo a cuor leggero e non troppo sentimentale.


Esperimento fallito. Non mi riferisco al romanzo, ma alla leggerezza.


A primo impatto il lettore potrebbe approcciarsi a questo libro come ci si approccia a un storiella d’amore adolescenziale giapponese: poco sforzo, in questi casi si butta un liscio, un due di bastoni in prima mano a briscola. Murakami strozza con l’asso. E la partita di questo libro non è altro che una serie di cariconi giocati a ripetizione che a poco a poco, pagina dopo pagina, tolgono ogni energia e ogni possibilità di ribaltare il risultato. Perché il risultato non è altro che una storia in grado di ferire sotto ogni aspetto umano.

Questi cariconi si concretizzano in una lista della spesa di pugni allo stomaco con cui il protagonista Watanabe e gli altri personaggi che gravitano intorno a lui si ritrovano a dover fare i conti dall’età di 17 anni.

Adolescenza, angoscia, suicidio, isolamento, malattia mentale, sessualità inespressa.

Solitudine in primavera.


Quando ci si ostina a mescolare in un calderone di carta tutti questi ingredienti, il rischio di sfociare in un eccesso inverosimile e controproducente è dietro l’angolo. Tuttavia, solo poche righe in questo romanzo risultano nel complesso poco credibili.

È un flashback di 374 pagine quello di un Watanabe ormai trentasettenne che fa i conti con il ricordo di un’adolescenza sofferta. Per il lettore la sensazione è di calarsi nel corpo di un ragazzo già maturo che però non è in grado di capire dove le sue gambe lo trascineranno. Esattamente come quando a 20 anni ti guardi dentro, non sai dove ti porterà la vita, hai paura e ti senti sbagliato tu.


La cornice di questa lenta marcia non è banale. Il contesto sembra appena accennato ma si percepisce nitidamente. Giappone di fine anni Sessanta: uno spazio e un tempo lontani dalla nostra realtà ma che si concretizzano in qualcosa di molto simile al nostro ’68. È una stagione di movimenti studenteschi e ribellioni sullo sfondo di una più grande protesta contro l’intervento statunitense in Vietnam. Un contesto che però non scuote in alcun modo l’animo del protagonista, freddo di fronte a qualcosa che è tanto vicino alla sua stanza in collegio quanto lontano dal suo essere un’anima sola. Saranno invece una serie di eventi (e spesso di non-eventi) a dare movimento ai suoi passi.


Un filo conduttore lega e allo stesso tempo scioglie e libera il romanzo dall’inizio alla fine: la musica targata Lennon-McCartney.


- Suona Norwegian Wood - disse Naoko. Reiko andò in cucina a prendere un salvadanaio a forma di maneki-neko, e Naoko vi infilò una moneta da cento yen che aveva tirato fuori dal borsellino. - Eh? Che significa? – chiesi - Abbiamo questa regola: ogni volta che richiedo Norwegian Wood devo metter cento yen qui dentro - mi spiegò Naoko. – Lo faccio per questa canzone, perché è la mia preferita. Più che una richiesta è una preghiera. - E così io metto da parte i soldi per comprarmi le sigarette.



Se il titolo del libro non fosse sufficiente a confermare il ruolo chiave del quartetto di Liverpool nella costruzione del romanzo, ci pensa lo stesso autore a far evaporare ogni eventuale dubbio nella nota in chiusura. Grazie a questo postscriptum di un paio di pagine possiamo facilmente immaginarci Murakami costretto a scrivere in una frequentata taverna di Atene con un buon vecchio walkman alle orecchie ascoltando a ripetizione il nastro di Sergeant Pepper’s Lonely Hearts Club Band per coprire il vociare dei clienti.


Perciò in un certo senso questo romanzo è stato scritto with a little help da Lennon e McCartney.


 

VOTO: 4/5


Qualche informazione utile…

TITOLO ORIGINALE: Noruwei no mori

CASA EDITRICE: Einaudi

PRIMA EDIZIONE: 1987

PAGINE: 376

PREZZO: 14,00 euro





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