di Miriam Tricoli
Avevo dodici anni – quasi tredici – la prima volta che vidi un essere umano morto. Successe nel 1960, tanto tempo fa…anche se a volte non mi pare così lontano. Soprattutto la notte quando mi sveglio da quei sogni in cui la grandine cade nei suoi occhi aperti.
Sapevo che prima o poi avrei dovuto scrivere un articolo su un libro di Stephen King. Tra i tanti, ho scelto Stagioni diverse perché forse più di tutti mi è rimasto nel cuore.
SPOILER: niente horror a questo giro. O almeno, non quel tipo di horror in cui la bambina di The Ring esce gocciolante e putrefatta da un televisore. Nel caso di Stagioni diverse si tratta più di un senso ossessionante di inquietudine, una punta di crudele fatalismo e una triste nostalgia.
Le tre compagne di viaggio perfette per partire da Castle Rock, Maine nel 1960 insieme a quattro ragazzi di dodici anni, Chris Chambers, Gordie Lachance, Vern Tessio e Teddy Duchamp alla ricerca del cadavere di un coetaneo. Inizia così L’autunno dell’innocenza – Il corpo (da cui è stato tratto il film Stand by me - Ricordo di un'estate) la terza delle quattro storie brevi che compongono il libro. Potrebbe essere una scelta banale, un classicone ma voglio parlarvi proprio di questo racconto perché ogni volta che lo rileggo mi si allarga sul viso un sorriso ebete paragonabile solo a quello che spunta ogni volta che sento le prime tre note di I want it that way dei Backstreet Boys.
La triste nostalgia, appunto. Quella che il Gordie Lachance adulto, narratore di questa storia speciale, non riesce a nascondere mentre ricorda l’improvvisa apparizione di un agitato Vern nella casa sull’albero, il covo costruito con pezzi di scarto raccolti qua e là, la decisione di partire alla ricerca del corpo di Ray Brower, scomparso mentre raccoglieva mirtilli e l’inizio di un’avventura tanto pericolosa quanto emozionante.
"È proprio un bel momento” disse semplicemente Vern e non intendeva dire solo il fatto di essere in un posto proibito, o di aver imbrogliato i nostri, o di andare a fare questa escursione lungo la ferrovia fin dentro Harlow; si riferiva sì a queste cose, ma ora mi pare che ci fosse dell’altro, e che tutti noi lo sapevamo. Tutto era lì e attorno a noi. Sapevamo esattamente chi eravamo ed esattamente dove stavamo andando. Era magnifico.
Tra cani guardiani “mangiabambini”, ponti ferroviari sospesi sul fiume, sanguisughe e strani rumori nel bosco di notte, i quattro fanno un viaggio possibile solo per degli adolescenti legati da un’amicizia mai scontata, mai rivelata ma solo dimostrata tanto nei momenti di maggiore vulnerabilità quanto in quelli in cui è necessario tirare fuori il proprio coraggio. La purezza e la spontaneità di questi sentimenti appartengono al loro essere quattro dodicenni in missione attraverso un bosco e costituiscono la loro forza più grande.
Gli adulti non potrebbero capire quanto intensa possa essere questa connessione: o meglio, un tempo lo sapevano ma lo hanno dimenticato.
Il padre di Chris è un ubriacone violento così come i suoi due fratelli maggiori, uno in carcere per stupro e l’altro sempre in giro con la banda di bulli della città insieme al fratello maggiore di Vern. Il padre di Teddy, eroe della Seconda guerra mondiale nella mente del ragazzo, è in realtà un uomo psicologicamente devastato al punto da prendere la testa del figlio ancora piccolo per schiacciarla contro delle piastre incandescenti. I genitori di Gordie, in perenne lutto per la morte del figlio più grande si sono ormai completamente dimenticati dell’esistenza del più piccolo. Circondati da modelli di crescita così disfunzionali è inevitabile diventare un po’ fatalisti e vedere in questi adulti completamente persi un’anteprima di quello che sarà il loro futuro.
Ne è convinto Chris, il più duro del gruppo, il leader naturale quello da cui nessuno si aspetta niente se non un’esistenza da inutile alcolista delinquente. Amo così tanto il personaggio di Chris, mi sembra quasi di sentirla nelle ossa la sua rabbia, la sua frustrazione, la sua voglia di cambiare un futuro che sembra destinato a non cambiare mai.
Chris Chambers aveva dodici anni mentre mi diceva tutto questo. Ma mentre me lo diceva la sua faccia si era raggrinzita e trasformata in qualcosa di più vecchio, di vecchissimo, di senza età. Parlava senza tono, senza colore, ma ciononostante quello che diceva riempì di terrore le mie viscere. Era come se avesse già vissuto tutta quella vita, quella vita dove vi dicono di salire su e far girare la Ruota della Fortuna, e quella gira alla perfezione e uno spinge sul pedale e viene fuori il doppio zero, il banco vince, perdono tutti.
Chris è convinto che solo Gordie ce la farà, che sarà l’unico a spezzare la catena e ad andarsene da Castle Rock per frequentare il college. Il tutto a patto che non si lasci “trascinare giù”.
“I tuoi amici, loro ti trascinano giù, Gordie. Non lo sai?”. Indicò Vern e Teddy che si erano fermati e aspettavano che li raggiungessimo. (…) “I tuoi amici. Sono come quelli che ti annegano attaccandosi alle gambe. Non puoi salvarli. Puoi solo annegare con loro.”
Ed ecco che raggiungere il macabro obiettivo che li ha spinti a seguire delle rotaie in mezzo a un bosco diventa un dovere, quasi un’ossessione. L’inquietudine si fa sempre più forte ad ogni passo ed è come se il legame che unisce i quattro ragazzi sia arrivato a un punto di svolta con il cadavere di Ray Brower a rappresentare la prova finale per decidere chi è destinato ad annegare e chi invece a continuare a vivere.
Eravamo tutti pazzi dalla voglia di vedere il corpo di quel ragazzo – non so metterla in un modo più semplice e sincero di questo. Che fosse inoffensivo o che risultasse avere il potere di assassinare il sonno con cento sogni maciullati, volevamo vederlo. Credo che fossimo arrivati a ritenere che ci spettasse.
La strada percorsa finora insieme è stata bella, ognuno ha trovato conforto e coraggio nel proprio amico e compagno ma in un mondo duro e sbiadito come quello di Castle Rock è necessario crescere in fretta e chi si vuole salvare deve capire al volo quando è il momento di lasciare andare chi è destinato inesorabilmente ad andare a fondo. Solo Chris e Gordie rimangono saldi a difendere il trofeo, solo loro lottano per non annegare e nel momento in cui lo fanno decidono il loro destino.
Diventare adulti è difficile e ancora di più lo è diventare adulti migliori: lasciarsi indietro i propri compagni, i propri legami, sporcare i propri sentimenti più puri significa perdere mano a mano un pezzo di sé. Forse il segreto per non perdersi del tutto è non lasciare andare proprio ogni cosa ma conservarne qualcuna.
Come il ricordo del viaggio di quattro amici.
O una canzone dei Backstreet Boys.
Non ho mai più avuto amici, in seguito, come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, e voi?
VOTO: 5/5
Qualche informazione utile...
Titolo originale: Fall from Innocence: The Body (contenuto nel libro Stagioni diverse: Different Seasons)
Casa editrice: Sperling & Kupfer
Anno di edizione: 1982 (prima edizione)
Pagine: 304
Prezzo: 11,30 €
Comentários