di Erica Delle Curti
Per un tempo del secolo scorso la gioventù si diede una legge diversa da quella stabilita. Smise di imparare dagli adulti, abolì la pazienza. In montagna saliva cime nuove, in pianura si dava nomi di battaglia. Voleva essere primizia di tempi opposti, dichiarava falsa ogni moneta. Non aveva diritto all’amore, pochi di loro ebbero figli durante gli anni rivoluzionari. Mai più si è visto un altro accanimento a rovesciare il piatto, in una gioventù. Un piatto sottosopra contiene poco però ha la base più larga, sta piantato meglio.
Ho avuto l’onore di sentire la voce di Erri De Luca a meno di 20 metri da me una mattina d’estate di cinque anni fa. Eravamo entrambi seduti a quota 2.283, lui su una sedia e io sul verde, nella cornice del Rifugio Roda di Vael, ai piedi di una delle cime sovrane delle Dolomiti di Fassa. Ero lì, insieme a molte altre persone che, come me, avevano raggiunto quel posto solo per poterlo sentir parlare di una delle numerose materie di cui è profondo conoscitore: la montagna.
Ho ricordi molto vaghi di quel giorno: le persone che mi accompagnavano, un cane incapace di stare fermo, il sole che filtrava dalle cime, la sua voce da vecchio, il pranzo in rifugio, il diluvio al ritorno, le mie scarpe da ginnastica a suola liscia adatte giusto a prendere qualche storta. Ma più di tutto ricordo quello di cui a distanza di anni mi pento: l’incapacità di raggiungere con le mie gambe la sua voce che chiamava dalla cima. La quota del rifugio era oltre i duemila, ma la mia quota di fatica per arrivarci fu zero. Ciò di cui mi pento è di aver usato un impianto di risalita perché non ero ancora capace di camminare in montagna. Delle componenti indispensabili per arrivare al mio posto in quel prato mi mancava tutto: le gambe, il fiato, la mente. A distanza di anni ho scoperto che tutte e tre si possono allenare, anche se capita spesso che continuino a giocare brutti scherzi, soprattutto l’ultima.
Avendo la possibilità di riascoltare le sue parole lo farei con la giusta dose di fatica che merita un traguardo di quel calibro. Mi guadagnerei la ricompensa della sua saggezza.
Su quel monte ci sono poi risalita. Con le nuvole di settembre, il giusto impegno, le scarpe buone e una persona accanto a spronarmi ad essere migliore. Ma senza Erri De Luca a ricordarmi quanto ancora sia possibile imparare a valere.
Leggere Il peso della farfalla mi ha riportata un po’ lassù. La voce di Erri si fa guida alla scoperta di un mondo nato grazie a ciò che chiama (citando a sua volta la poetessa Marina Cvetaeva) “attrazione celeste”. La forza di attrazione gravitazionale che ci tiene attaccati al suolo ha per lui una forza opposta, una controspinta, che permette ai fiori di nascere, agli alberi di crescere, ai vulcani di eruttare, alle montagne di sovrastare paesi. La forza che spinge gli elementi dal basso verso l’alto, della terra verso il cielo.
È sempre così, con il cielo come meta del viaggio, che De Luca insinua il lettore nella storia di due re che camminano fra le pagine. Il primo è il re dei camosci, capobranco e orfano di madre per mano del cacciatore di frodo. Il secondo re è proprio lui, l’uomo, il cacciatore chiamato anch’egli abusivamente “re dei camosci”, non perché ne sia capobranco ma perché ne è brutale assassino.
Erri intreccia le loro vite e le loro verità in una prosa che suona di poesia. Ogni singola parola è soppesata e capace di toccare le corde di un’anima che viene continuamente smossa e messa alla prova dalla maestria di un mostro di scrittura e saggezza. Il tutto affiancato dalle immagini, superflue ma gradite, dell’illustratore Andrea Serio che accompagnano il cacciatore nella ricerca del re dei camosci fino al culmine spiazzante e toccante dell’incontro finale.
Si inserisce in ogni vivente che abita le quote. Comprende la natura. Ne spiega le ragioni. La scelta delle sue parole denota conoscenza estrema delle leggi che governano le altezze. Compositore sulla carta e danzatore sulla roccia, è il primo ultracinquantenne ad aver scalato una parete di grado 8b+. Se ad oggi i nostri incontri sono dominati dai discorsi di chi, di regola, alza la voce senza avere nulla da dire, Erri De Luca rappresenta l’eccezione.
Consapevole di giudicare dal basso, la mia opinione su questo racconto non può che essere la più alta possibile. Una storia che ci educa e che condensa nelle sue ottanta pagine scarse molto più contenuto di mattoni pretenziosi di carta accumulati negli anni. Scegliendo di fidarvi, investirete poche ore di tempo, guadagnando dubbi e consapevolezze nuove.
Stavano molti metri giù da lui. Dal suo riparo in ombra vide la loro forza, il numero, che tollera le perdite. Non erano coraggiosi, erano molti, valore che dà forza ai più deboli.
Vi diranno che i libri scritti a caratteri grandi e con meno di 100 pagine non sono veri libri.
Voi non fidatevi mai.
VOTO: 5/5
Qualche informazione utile...
TITOLO: Il peso della farfalla
CASA EDITRICE: Feltrinelli
ANNO DI EDIZIONE: 2009
PAGINE: 78
PREZZI: 14,00 €
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