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Dante Enigma | Matteo Strukul

di Andrea Colombo



Un romanzo evento che svela i segreti e i misteri del sommo poeta


Potevano forse i Lettori di via Cavour esimersi dal leggere e recensire un libro su Dante in occasione dei 700 anni dalla morte del Divin Poeta? Probabilmente sì, convinzione rafforzata dopo che il malcapitato di turno, cioè io, si è preso la briga di leggere quello che veniva presentato come il caso letterario dell’anno. Effettivamente devo riconoscerlo: è incredibile il modo in cui questo tomo sia pubblicizzato ed è inconcepibile come le regole invisibili del marketing lo facciano esibire nelle librerie di tre quarti d’Italia.


Una premessa, visto che a me essere severo non piace più di tanto: quando si parla del signor Alighieri le mie aspettative sono altissime. Sarà che a scuola ero uno dei pochi ragazzetti a cui non dispiaceva la Divina Commedia, con buona pace degli sguardi sbigottiti dei compagni di classe; sarà che, negli ultimi anni, mi sono trovato in prima persona a parlare della Commedia in prima media realizzando cartelloni, video, fumetti e quant’altro per non assopire le menti dei miei giovani studenti; fatto sta che, nella mia profonda ignoranza della letteratura italiana in generale, Dante ha iniziato ad occupare un piccolo angolino del mio ventricolo destro.

Ecco perché l’acquisto di questo romanzo era accompagnato da una certa preoccupazione: alte aspettative volevano dire possibili delusioni. L’autore, Matteo Strukul, sembrava sinonimo di qualità essendo docente di sceneggiatura e vincitore del premio Bancarella con la saga de I Medici. Mi sbagliavo: la realtà era ben peggio.


Partiamo dal titolo: Dante Enigma. Caro lettore che mi stai seguendo, ti sfato subito una certezza: in questo romanzo non c’è nessun enigma. Tranquillo, ci ero cascato anche io. Pensando alla Divina Commedia, allo Stil Novo e ai commenti epici che accompagnavano il libro, mi prefiguravo già una narrazione tipo il Codice da Vinci, con misteri e grattacapi che accompagnassero il lettore durante il viaggio nel romanzo. Niente di tutto ciò: la narrazione si svolge tra il 1288 e 1293 e segue essenzialmente lo scontro tra Guelfi e Ghibellini culminante nella battaglia di Campaldino. Effettivamente è questo scenario il vero protagonista del romanzo, sul cui sfondo si muove un Dante particolarmente irritante nonché un po’sfigato. Elemento anche abbastanza interessante: la rappresentazione del poeta non come un eroe positivo ma come un giovane alla ricerca di sé può essere il punto di partenza per una trama narrativa inusuale. Tuttavia il personaggio rimane molto distante dal lettore: non mi sono mai personificato in Dante, e soprattutto ho trovato alcuni suoi pensieri pedanti e infantili, ben lontani da quelli che avrebbe dovuto avere il più grande poeta della letteratura nostrana. Tutto ciò va ad aggiungersi alla già citata mancanza di enigmi, se per enigmi l’autore non avesse voluto indicare la storia formativa di Dante, ma a questo punto dovremmo parlare di Anna Karenina Enigma, di Huckleberry Finn Enigma o di Augie March Enigma. Ho trovato interessante, ma forzato, raffigurare il poeta soggetto ad attacchi epilettici, cosa che giustificherebbe anche i suoi frequenti mancamenti nei momenti di difficolta durante la Commedia.


Il contenuto non va molto oltre ciò che ho già scritto: lo scontro tra Guelfi e Ghibellini con una pletora di personaggi non meglio caratterizzati che si muovono (o, peggio, non si muovono) sullo sfondo. Interessante il ruolo dato a Giotto, qui rappresentato come il migliore amico di Dante: in realtà non si hanno le prove che i due si siano veramente conosciuti, ma il fatto che risiedessero contemporaneamente a Firenze nello stesso periodo ha consentito all’autore di proporre questo stratagemma narrativo. Assolutamente inconcepibile è il trattamento riservato invece a due personaggi che dovrebbero essere fondamentali nella narrazione come Beatrice e Guido Cavalcanti. La prima, musa e amore non corrisposto del poeta, viene ritratta all’inizio pedinata da Dante in un mercato cittadino (manco fosse un moderno stalker), per poi comparire al momento della sua morte. Tra i due fatti, quasi nessun altro riferimento: un po’ pochino per giustificare la presenza della bella Beatrice come guida nel paradiso terrestre nella Commedia. Stesso discorso per Guido Cavalcanti, cui viene destinato un intero capitolo di ben tre pagine e poi una comparsata verso la fine del romanzo; la storiografia ci racconta invece di un rapporto molto più profondo e complicato che univa Cavalcanti e Dante, legati da sentimenti antitetici che oscillavano tra il rispetto e l’invidia: non sarebbe stato interessante approfondire questo tema? Molto interessante la figura di Gemma Donati, moglie di Dante, forse il miglior (unico?) personaggio a salvarsi del romanzo: una donna fedele, conscia di non essere ricambiata dal marito ma pronta a sacrificarsi e battersi per lui. Tra queste assenze ingiustificabili, ecco comparire, lungo tutte le 300 e passa pagine del romanzo, personaggi improponibili che dialogano inutilmente fra di loro per poche righe. Possiamo leggere nel capitolo 32, con scarso o nullo interesse, un dialogo tra i Priori di Firenze Pela Gualducci, Nicola degli Acciaiuoli, Andrea del Cerreto, Gherardino Deodati e Borghese Migliorati, tutti individui realmente esistiti come testimonia il buon Google. Resta il mistero sul loro ruolo: sfoggio di cultura dell’autore? Cosa interessa al lettore se gli stessi personaggi non verranno mai più citati nel corso del romanzo? Boh.


Se gli interpreti sono descritti superficialmente, lo stesso non si può dire delle scene di battaglia. In questo caso possiamo leggere interminabili e tediose descrizioni di schieramenti militari, armi e accozzaglie varie comprensibili solo con l’aiuto del vocabolario Treccani nonché incoerenti scene splatter a base di bulbi oculari trasformati in merende per corvi, ossa tramutate in birilli e perniciose descrizioni dei sentimenti di paura dei soldati concretizzate in fiumi di feci. Senza parole.

Che dire della scrittura? Settanta – 70 – capitoletti di tre-quattro pagine ciascuno. Al di là del fatto che l’ultimo libro che ho letto costituito da capitoli di tre pagine apparteneva probabilmente alla serie dei Piccoli Brividi, diventa veramente difficile seguire una narrazione così spezzettata. Se ai personaggi ritratti superficialmente e alle nevrotiche descrizione delle battaglie aggiungiamo un cambio di scena ogni tre pagine, la tentazione di scagliare il libro dalla finestra è grande.


Insomma, al termine della lettura il senso di delusione è grande. Magari è colpa del sottoscritto, che non è riuscito a uscire dagli schemi e a calarsi in una prospettiva differente necessaria per godersi appieno il romanzo. Resto dell’idea che, per comprendere veramente la grandezza di Dante Alighieri, l’unico mezzo sia quello di leggere i capolavori scritti di suo pugno piuttosto che affidarsi a interpretazioni contemporanee.


PS. La citazione iniziale è il sottotitolo del libro. Sto ancora cercando i misteri di cui si fa menzione, ma per ora non pervenuti.



 

VOTO: 1/5


Qualche informazione utile:

CASA EDITRICE: Newton Compton Editori

ANNO EDIZIONE: 2021

PAGINE: 310

PREZZO: € 12

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