di Ellis Bottazzo
L'acciaio era il cuore. Chissà fra quanto la ruggine avrebbe divorato tutto e la valle sarebbe tornata allo stato primitivo. Solo la pietra sarebbe durata.
Lavoro d’esordio di Philipp Meyer, il romanzo Ruggine Americana (American Rust), dal titolo peraltro particolarmente azzeccato, offre al lettore un’atmosfera che conserva il romanticismo dei grandi romanzi americani, ma il cui fascino stavolta arriva attraverso una condizione decadente dell’ambientazione, fino quasi a sfociare in quella pacata rassegnazione di quando l’essere umano vede il sogno americano definitivamente infranto dalla realtà, o meglio ancora, irrimediabilmente arrugginito.
Siamo a Buell, Pennsylvania, il boom economico è ormai lontano, e all’interno della contea fioriscono come erbacce da campo acciaierie, industrie pesanti e grossi impianti produttivi ormai in disuso da tempo. Buona parte dei vecchi residenti è riuscita a fare i bagagli e ad andarsene da quel luogo ormai in piena stagnazione economica e forse anche sociale, ma per chi resta, la vita è piatta e senza futuro, né speranza.
Dietro tutte le stronzate sulla felicità che è una scelta c'era la speranza. Cioè l'incertezza.
In questo contesto particolarmente affascinante, che richiama l’idea di un’America usata, sfruttata ed infine esaurita, si colloca la vicenda narrata. Isaac English, diciannovenne timido e impacciato nelle relazioni sociali, ma con un’intelligenza vicina alla genialità, e Billy Poe, ventunenne amico di Isaac, ex promessa del football professionistico, capace di rifiutare una proposta di borsa di studio per la Colgate University, si ritrovano coinvolti in un fatto che potrebbe cambiare per sempre il loro rapporto e probabilmente le loro vite. L’accezione moderna dello scorrere del tempo in relazione alla prospettiva di vita dell’essere umano, considera la vita intorno ai 20 anni piena di prospettive e di sbocchi, ma a Buell non sembra essere così. A Buell non c’è nulla da fare, non ci sono pianificazioni, investimenti o iniziative da parte di nessuno, e verrebbe da pensare che la vita dei protagonisti, così come narrata nelle fasi iniziali del romanzo, non valga la pena di essere raccontata. Il ritmo non è infatti dei più veloci e lo stile particolare scelto da Meyer non aiuta sotto questo punto di vista, soprattutto all’inizio. Infatti, ogni capitolo è raccontato dal punto di vista di uno dei protagonisti, e in ogni capitolo si dà molto spazio a procedimenti mentali, pensieri e opinioni del personaggio stesso, con ampie riflessioni relative a drammi interiori, flashback sul passato e determinazioni future. Alcuni fatti della vicenda sono addirittura ripetuti all’interno del romanzo, così da dare al lettore l’opportunità di vedere la stessa cosa da due o più punti di vista differenti. Una tecnica invero padroneggiata quasi alla perfezione, a parere di chi scrive, forse quasi joyciana, se volessimo proprio azzardare un accostamento con un mostro sacro, ma che finisce inevitabilmente per appesantire la pagina un po’ troppo. Per contro, abbiamo finalmente un romanzo dove sono spiegate razionalmente e perfettamente le azioni e le scelte dei protagonisti, figlie di ragionamenti e pensieri, che a loro volta derivano da storie ed eventi personali dei personaggi stessi che, per una volta, non si comportano da perfetti idioti, o in modo totalmente illogico, come in altri romanzi magari idolatrati dal grande pubblico. Inoltre, uno stile di narrazione che introduce il lettore nella mente dei personaggi in modo così approfondito, raggiunge il non banale obiettivo di una resa dei personaggi particolarmente profonda ed accurata: ad esempio, i viaggi nel pensiero di Isaac, di gran lunga più complesso rispetto agli altri punti di vista proposti da Meyer, sono più particolari e intricati, e i capitoli a lui dedicati sono complessi e molto sfaccettati.
Tutte la cose che bisognava sapere nella vita – le imparavi solo quando avevi già preso le tue decisioni.
La trama è avvincente, non scontata ma realistica, con anche qualche spazio a colpi di scena, ma forse non è la parte più riuscita del lavoro, che trova la sua genialità nello stile, nella caratterizzazione perfetta dei personaggi e in un’ambientazione che, in sostanza, quasi si respira.
Alla fine era solo ruggine. Ecco la vera essenza di quel posto.
Tra i must-have per chiunque sia appassionato di romanzi americani contemporanei, ma forse non esattamente apprezzabile in toto dal grande pubblico, proprio per la scelta narrativa. Io penso di aver superato la prova propostami da Meyer. Ne sono uscito intrattenuto, appagato e fors’anche un po’ arricchito.
Non so voi, ma io, in un libro, cerco esattamente questo.
VOTO: 4/5
Qualche informazione utile...
TITOLO ORIGINALE: American Rust
CASA EDITRICE: Einaudi
ANNO EDIZIONE: 2010
PAGINE: 388
PREZZO: 13,50 €
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